Non è sicuramente logico continuare a gestire nel tempo attività che non danno o "non daranno" un risultato!
Crisi: Dopo la Grecia anche l’Italia è condannata al default?
Circa un anno fa (era il 14 giugno 2010) una notizia è comparsa su Reuters . La news economica, nonostante la sua potenziale enorme importanza, non è però stata inserita tra le prime pagine e, cosa ancor più inusuale, è stata data in maniera “secca” e, cioè, senza alcuna spiegazione tecnica o alcun commento specifico relativo al fatto accaduto. Di seguito, per permettere ai nostri lettori di farsi un’idea precisa, riportiamo in maniera integrale il lancio di Reuters.
Titolo: Italia, specialisti disertano riapertura Btp in asta venerdì
“È andata deserta la riapertura odierna dei titoli del Tesoro italiano in asta venerdì scorso. Nessuno dei primary dealer ha avanzato offerte, lasciando l’ammontare complessivo invariato alla cifra di 7,001 miliardi collocata venerdì.
Il Tesoro aveva messo a disposizione l’importo supplementare di 1 miliardo di euro per il Btp giugno 2015, di 174 milioni per il Btp febbraio 2017 e di 126 milioni per il Btp febbraio 2037”

Come valuta la notizia diffusa da Reuters?
“Beh di sicuro non positivamente ma attenzione: i rating sono spesso manovrati dai grandi potentati economici che agiscono da speculatori senza scrupoli e, per tale motivo, spesso non dicono il vero riguardo l‘effettiva affidabilità del sistema economico e finanziario di uno Stato… In ogni caso sono evidenti e difficilmente confutabili i segnali di sfiducia che colpiscono tutte le nazioni che fanno parte dell’eurozona ed in particolare il nostro paese”
Colpa della crisi, ovviamente?
“Certo e poi teniamo a mente una cosa fondamentale: si è passati dal sospetto alla bancarotta vera e propria che, per anni, è stata solo faticosamente rimandata e nascosta con manovre di bilancio abilmente ritoccate per far apparire sane le casse dello stato che in realtà erano dissestate”.
Ad esempio?
“Ad esempio basta considerare la Grecia: da tempo, ad Atene, dichiaravano dati di bilancio fuorvianti (con manovre al limite del lecito per nascondere le difficoltà enormi che devastavano l‘economia ellenica). I risultati li abbiamo visti tutti direi”.
“Prima di tutto occorrerebbe sapere che rendimento avevano questi Btp specifici per poter valutare al meglio il loro scarso appeal nei confronti degli investitori. I titoli di stato, come noto, sono comunque sempre poco fruttuosi poiché, al contempo e come contropartita, godono di una certezza d’incasso piuttosto solida. Di conseguenza il concetto è relativamente semplice: se il titolo di stato non si vende è per colpa del debito pubblico che ha accumulato chi lo ha messo sul mercato nazionale ed internazionale e che, di conseguenza, priva il Btp della propria caratteristica intrinseca e cioè di un rendimento tendenzialmente basso ma certo”.
Cosa ha salvato l’Italia dal tracollo e cosa potrebbe procurare il default anche qui?
“Alla prima domanda rispondo senza esitazioni: ci ha salvati una politica economica e finanziaria diversa da quella americana e, cioè, basata su beni materiali tangibili e non su forsennate speculazioni inerenti al settore terziario e dei servizi e basate, quindi, sul nulla o comunque sul molto incerto. Ci hanno salvato, poi, il cosiddetto “mattone” e l’industria pesante. Il punto – e con questo rispondo al secondo quesito – è che però oggi il primo settore – quello immobiliare – è del tutto impazzito ed è gestito in prevalenza da costruttori miopi che esigono fitti altissimi anche per delle cantine. Oggi quasi nessuno può permettersi un appartamento dignitosamente grande proprio perché, chi li vende, richiede cifre assolutamente scriteriate che porteranno in breve ad un collasso dell’intero sistema. Riguardo l’industria pesante che dire: stanno smantellando pian piano tutto ciò che di buono era stato creato e basta guardare a Pomigliano e a Termini Imerese – giusto per fare qualche esempio – per comprendere il suicidio al quale stiamo andando incontro”.
Dunque è finita? Dobbiamo prepararci al peggio
“L’Italia è piena di catastrofisti e di ottimisti in malafede. Io dico che la crisi è tutt’altro che ridotta e che, anzi, tende a raggiungere nei prossimi mesi dimensioni preoccupanti. Ciò perché non investiamo sulle eccellenze ma anzi le umiliamo. Negli ultimi 10 anni le maestranze italiane hanno perso know how in maniera spaventosa e questo ha favorito la manodopera straniera…se non si pone un argine allo smantellamento di ciò che ci ha salvato – non lasciandosi sedurre troppo da investimenti enormi nel settore terziario e dei servizi- e non si pone un freno alla speculazione selvaggia cui siamo vittime, non prevedo un futuro roseo. Quasi dimenticavo, prima, di citare le grandiose famiglie italiane che, grazie al loro risparmio accumulato con tanti sacrifici, sono tra gli elementi salva bilancio pubblico fondamentali della penisola. Tremonti dovrebbe pensare piuttosto a combattere il credito al consumo che è una piaga vera e propria e che sta distruggendo noi dopo aver distrutto gli Stati Uniti. Occorrerebbe, allo stesso tempo, un percorso di educazione alla moderazione da fare ai più piccoli e ai giovani in genere; per far intendere loro che il consumismo sfrenato ci ucciderà e che, se guadagni 10, non può spendere 20 e vivere di debiti e “comode rate da pagare“ a mo di vitalizio debitorio…”.
Concludendo?
“C’è bisogno per rilanciare l’economia attraverso una seria e concreta campagna di investimenti verso le parti di questo paese che hanno maggior bisogno di rilancio…tra queste ricordo proprio il meridione. A tal proposito mi sia consentito uno sfogo: per i 150 anni dell’Unità d’Italia non ho nulla da festeggiare date le ruberie generalizzate che la mia terra ha subito e continua a subire ancora oggi. In ultimo, e qui rischio di diventare ripetitivo, occorre smettere di dire che si vuole investire in ricerca ed università e cominciare a farlo sul serio visto che, da decenni, ogni governo non ha fatto altro che togliere risorse a questi due settori vitali per lo sviluppo dello stato”.
Il secondo esperto di settore che abbiamo voluto ascoltare è il professor Antonio Coviello , docente allaSun (Seconda Università di Napoli) ed economista del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Professer Coviello come commenta i dati riportati da Reuters? C’è da preoccuparsi per un imminente default della nostra economia?
“Beh io eviterei a tal proposito allarmismi ingiustificati e vi spiego perché: prima di tutto è anche comprensibile che, gli investitori, in questo periodo di odissee economico-finaziarie, siano più prudenti alla luce dei gravi giudizi negativi e dell’abbassamento improvviso dei Rating di Spagna e Portogallo. E’ innegabile, infatti, che si sia verificata una contrazione generalizzata degli investimenti e che, soprattutto in Italia, esista la consapevolezza di avere il debito pubblico più pesante tra i paese dell‘eurozona”.
“Il nostro paese è caratterizzato da una forte cultura del risparmio a differenza degli Stati Uniti (dove le famiglie medie sono molto più indebitate rispetto alle nostre) e questo, sicuramente, ci ha aiutati ad ammortizzare meglio di molti altri il duro scossone partito dall‘America. In Italia esiste poi una forte rete di piccole e medie imprese – oltre il 90% della forza lavoro proviene dalle piccole e medie imprese – caratterizzate spesso da una conduzione familiare responsabile di una gestione oculata e parca degli investimenti. L’unico problema resta quello del debito pubblico che non riguarda solo il governo nazionale ma anche quelli regionali e locali ed è proprio a livello locale, a mio avviso, che si dovrebbe agire con maggior celerità ed efficacia nei prossimi mesi”.
Quindi come descrive la situazione economico-finanziaria dell’Italia di oggi?
“Sicuramente non delle migliori; anzi è la più difficile e grave dell’ultimo decennio ma ribadisco una solidità riscontrata nella cultura del risparmio di chi in questo paese ci vive. Sempre che si tenga presente, ovviamente, l’enorme debito pubblico che ci affligge e si proponga un programma di contenimento della spesa soprattutto in ambito locale”.
Ritengo che "tutti",anche quelli che fino ad ora non lo hanno percepito appieno,debbano rendersi conto che le Aziende private che pagano gli stipendi con fondi propri,o meglio con il reddito che producono sono davvero poche.Il fatto che poche aziende siano ancora "sane" in un momento drammatico per l'economia Italiana,mondiale ma anche sopratutto locale deve far riflettere: se è ancora sana è perché "tutti" HANNO FATTO E FANNO DEL LORO MEGLIO,migliorando l'azienda attraverso il loro contributo, ma rimarrà sana solo se continueranno a migliorarla nel tempo,facendo del nostro meglio.
Fare del proprio meglio non vuol dire,a mio avviso,lavorare "di più" ma sopratutto farlo con "senso di responsabilità" e con apertura mentale a valutare il proprio lavoro attraverso i risultati.Se i risultati non ci sono o peggiorano,bisogna intervenire subito!
I risultati non vengono mai solo per merito di uno,ma possono anche non venire per responsabilità oppure concorso preminente di pochi.
Quindi quando le cose iniziano a non funzionare o non funzionano come dovrebbero,bisogna analizzare il problema per le cause più essenziali FRB.
Formative: le persone non sanno bene in modo operativamente e competitivamente valido,cosa devono fare e come lo dovrebbero fare.
Rapporto:si sta evidenziando uno scaricabarile di "colpe"
Business: Siamo nel posto sbagliato al momento sbagliato in quanto gli altri erano,sono,o stanno diventando meglio di noi per "x" ragioni.
Se il problema risiede nel fatto che il business è "ritenuto" PERDENTE e non si è in grado di generare un piano,per renderlo operativamente vincente,la possibilità concreta di ciascun lavoratore,di dare un contributo concreto e positivo in relazione al problema stesso e alla sua soluzione,è ovviamente diverso come tipo e rilevanza.
Comunque TUTTI,devono sapere che,salvo ragionate eccezioni,non è sicuramente logico continuare a gestire nel tempo attività che non danno o che "non daranno" un risultato!
E' luogo comune nelle realtà aziendali più deboli(salvo poche lodevoli eccezioni)dove si hanno le "evidenze" di gente che lavora e ragiona in modo professionalmente "debole".
Invece di avere dinamismo,attenzione, interesse e sano spirito competitivo, si nota che la debolezza a volta è data da fattori interni:una rassegnazione a fare il "peggio degli altri".Situazione che invece dovrebbe essere proprio il contrario:opero al meglio,nel limite in cui "IO" posso contribuire,per dare sicurezza,prospettive e stabilità al mio lavoro.
Rimango dell'opinione che bisogna intervenire subito quando ci troviamo difronte a situazioni in cui il comportamento sia:
- E' colpa di questo o di quell'altro.
-Io lavoro molto anche più di quello che dice il mio contratto o la mia posizione in azienda.
-Io non ricevo abbastanza,secondo me,e quindi perché devo dare?
MISSION:
Comportamenti responsabili per continuare a "essere" e lavorare in Aziende sane,anche in momenti difficili PER TUTTI a livello internazionale e in quasi tutti i settori di attività.
Ritengo che il fattore comportamentale che dobbiamo provvedere a controllare o meglio "correggere" DA SUBITO ,se qualche cosa non va o non da risultati sia: non è colpa mia,è colpa di , ecc.
Le analisi si fanno esaminando le cose per quello che sono:cosa, come, dove quando,quanto e perché si è deciso oppure operato in un certo modo.
E' il management che decide,se qualcosa non va o non funziona,lo si dica,ci si confronti!Sia l'operatività sai il controllo vanno assieme e, quindi,è giusto che ognuno si prenda la propria fetta di responsabilità e di "azione" per "correggere" subito le cose che non vanno!!!
Infine è normale che OGGI le aziende su tutelino dai comportamenti irresponsabili,quando non sono errore fortuito,quindi correggibile solo nel tempo,migliorando l'esperienza, il processo operativo e la sua affidabilità.Quando l'errore è invece chiaramente generato da mancanza di attenzione,cura, senso di responsabilità nella funzione esercitata,qualsiasi essa sia,le aziende che danno fiducia sicurezza e stabilità a chi lo merita,hanno tutti i mezzi per toglierla a chi non la merita!
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